Hai portato con te il vento by Natalia García Freire

Hai portato con te il vento by Natalia García Freire

autore:Natalia García Freire [Freire, Natalia García]
La lingua: ita
Format: epub
editore: SUR
pubblicato: 2024-04-21T23:00:00+00:00


Víctor

Giunsero delle nubi arruffate e la terra si gonfiò. Allora vedesti il vento strappare tre rami dal quishuar. Era un vento di santi infuriati che spirava da est e che il bosco accoglieva mal volentieri. Afferrasti il sasso con la macchia a forma di rocca per filare fatta con il sangue di tuo fratello e la lanciasti lontano. Poi ti colpisti la tempia con le nocche.

Prendesti Ezequiel tra le braccia. Aveva gli occhi chiusi. Ora non ti faceva più paura. Anzi no. Ti spaventava ancora di più, perché era oscuro come nel ventre di tua madre, dove ti minacciava già, ancor prima che apriste gli occhi, s’innalzava sopra di te e tu ti rannicchiavi mettendo il mento tra le ginocchia, poi univi i gomiti per evitare di toccargli la pelle fredda. Ti saresti fatto ammazzare pur di rimanere lì, nelle viscere di tua madre, dove si stava così bene, così senza cervello, così svitato.

Con tuo fratello tra le braccia guardasti il cielo: era notte fonda. Allora vedesti il Serpente e il Lama, e le due costellazioni presagivano sangue nelle foglie. Tuo fratello gemette e ti chinasti per deporlo sull’erba, ai piedi del quishuar, e chiedesti a quell’albero sacro di inghiottirlo; ma il quishuar non inghiottiva i bambini, li sputava fuori dalle profondità della terra come facevano gli orti di Cocuán con le zucche siamesi panciute. Avresti voluto lasciare lì tuo fratello. Ma c’erano dei testimoni. Pensasti che forse nessuno era buono per davvero, del resto c’erano sempre dei testimoni. Solo al pensiero sentisti il freddo scorrere lungo i talloni e scrollasti i piedi per scacciare via tutta quella notte.

La prima che vedesti fu Carmen e non era sola, si avvicinava con Zaida e Filatelio, che la prendevano per mano, lui camminava con le braccia penzoloni come uno squilibrato e dietro di loro c’era l’asino con in groppa padre Manzi, poi Baltasar, che zoppicava e imprecava, e infine tutti gli altri. Procedevano in punta di piedi sui sassi e sul bosco. Gli facesti un cenno con la mano, ma a quanto pare non ti videro, perché continuarono ad avanzare con cautela, salendo sulla rupe e avvicinandosi a te. Quando camminavano in quel modo mostravano il petto da colomba che avevano tutti a Cocuán, assomigliavano a dei cervicabras che si alzano sulle zampe posteriori. La scena era astrusa. A destra, quelli che erano rimasti, una confraternita di orfani che vagavano per il bosco come bambini in punizione. A sinistra, quelli che avevano lanciato il sasso che aveva ferito tuo fratello, quelli nudi, il rovescio del mondo, coloro che erano partiti invocando il caos, che attaccavano i primi con le pietre o si difendevano, chissà, ma che ormai erano scomparsi.

Ti togliesti le scarpe e raggiungesti i tuoi, il tuo branco. Anche se ormai non sapevi più chi fossero i tuoi. Se avessi dovuto scegliere tra i vivi e i morti, sarebbe stato più facile. Bisognava sempre andare con i morti perché i morti non si fanno le paranoie.

Abbassa la voce, Esther, ché ti sentono, disse Baltasar.



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